L'attività della ditta Mulassano comincia nella seconda metà dell'800, con apertura di una bottiglieria in via Nizza 3.
L'allora proprietario, Amilcare Mulassano, era titolare anche della rinomata Distilleria Sacco, produttrice del famoso sciroppo di menta. Nel 1907, il locale fu poi trasferito nella più centrale piazza Castello luogo che non ha più lasciato. Nel corso dei primi anni il locale si trasformò in Caffè.
Angela Nebiolo era andata sposa bambina a Detroit, negli Stati Uniti, dove il marito e i cognati gestivano ristoranti e locali notturni. Aveva 15 anni. Il lavoro non la spaventava: l'appassionava quel mondo nuovo e frenetico: scoprì l'automobile, prese la patente giovanissima.
Ma, nel cuore, le batteva forte la nostalgia: avrebbe dato l'America intera pur di tornare a Torino, la sua città natale.
E così fu: nel 1925 Angela e Onorino Nebiolo, che nel frattempo avevano avuto due figli, tornarono in Italia con il proposito di gestire un locale tutto loro. In quei mesi la famiglia Mulassano aveva messo in vendita il proprio scrigno prezioso: il caffè Mulassano. Ai coniugi non parve vero e con i risparmi accumulati in America, comprarono il locale. La spesa: 300 mila lire di allora per la sola licenza.
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Con l'intento di ridare vigore agli affari del locale, cercarono di ideare delle nuove proposte da accompagnare all'aperitivo. Avevano portato con sé dagli States una macchina che tostava il pane: così importarono, per primi a Torino, il toast. Non paghi di questa innovazione, pensarono di utilizzare quel pane morbidissimo, usato per i toast, senza tostatura e con una speciale e più intensa farcitura: fu così che il signor Onorino inventò il tramezzino. Dapprima lo serviva in accompagnamento agli aperitivi, poi, visto il successo, lo propose per lo spuntino di mezzogiorno dei tanti impiegati e delle sartine di via Roma e via Po. Alcuni anni più tardi, Gabriele D'Annunzio gli diede il nome che ora conosciamo: "tramezzino".
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Furono anni intensi e di grandi successi; la buvette divenne popolarissima, come è oggi.
Ci andava un giovane studente in medicina allora sconosciuto: Achille Mario Dogliotti; ci tornò spesso anche da affermato chirurgo. Per l'aperitivo venivano Luigi Spazzapan e Italo Cremona, Gigi Chessa e Giacomo Grosso, Gigetta Morano e Caterina Boratto.
La Torino dell'arte e del cinema oltre che la Torino d'ogni giorno. Fra i più assidui Mario Soldati e Gianandrea Gavazzeni che hanno frequentato il Mulassano per decenni.
Nel 1938 i coniugi Nebiolo vendettero il locale per andare a gestire alcuni cinematografi della periferia e il locale, con la guerra conobbe un periodo di declino. I suoi tesori sparirono sotto la calce.
Negli anni '70 il Mulassano è tornato quello del commendatore Amilcare e di Onorino grazie ad un accurato restauro che l'allora titolare, Antonio Chessa, svolse con grande pazienza e sapienza.
La nipote di Antonio Chessa, Vanna, insieme a un nuovo socio Patrizio Abrate, ne conserva oggi la tradizione e la cura, illuminati da quella passione per la quale lo zio ha dedicato una vita.
Oggi il locale è come fu pensato da Antonio Vandone e rimane patrimonio della città di Torino e di chi ne vuole godere la bellezza. |
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